Urania 0003 - Il Giorno Dei Trifidi (L'orrenda invasione) by John Wyndham

Urania 0003 - Il Giorno Dei Trifidi (L'orrenda invasione) by John Wyndham

autore:John Wyndham [Wyndham, John]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Urania, fantascienza, narrativa
editore: bandinotto
pubblicato: 2010-01-11T21:00:00+00:00


La prima cosa di cui ebbi coscienza la mattina dopo, fu l'odore. Se ne erano già avvertite delle forti zaffate anche prima, qua e là, ma fortunatamente il tempo era stato fresco. Ora scopersi che avevo dormito fino a tardi e che la giornata era già più calda. Non voglio entrare in particolari nella descrizione di questo odore. Coloro che lo conobbero non lo dimenticheranno mai; per gli altri e indescrivibile. Si levò per settimane da ogni città piccola o grande e viaggiò con ogni soffio di vento. Quando svegliandomi ne fui colpito quella mattina, mi convinsi che la fine era venuta. La morte è una clamorosa fine dell'animazione; ma la decomposizione è veramente definitiva.

Rimasi per un po' immobile, a pensare. L'unica cosa da fare era di caricare la mia gente su autocarri e portare in campagna una squadra dopo l'altra. E tutti i rifornimenti che avevamo raccolto? Bisognava caricare e trasportare anche quelli, ed io ero il solo capace di guidare... Ci sarebbero voluti giorni, se avessimo avuto giorni...

A questo punto mi chiesi che cosa mai stessero facendo nelle altre stanze. Regnava una calma inconsueta. Riuscii a cogliere una voce che si lamentava in un'altra stanza, e null'altro. Scesi dal letto e mi vestii in tutta fretta. Sul pianerottolo mi fermai di nuovo in ascolto. Non si udiva rumore di passi per la casa. Ebbi come la sensazione, all'improvviso, che tutta la storia si stesse ripetendo e mi trovassi ancora nell'ospedale.

«Ehi! Non c'è nessuno?» chiamai.

Mi risposero poche voci. Aprii una porta, lì accanto. C'era un uomo, dentro. Stava molto male e delirava. Non c'era nulla che potessi fare. Richiusi la porta.

I miei passi echeggiarono pesanti sulla scala di legno. Al piano di sotto, una voce di donna chiamò: «Bill! Bill!»

A letto, in una piccola stanza, c'era la ragazza che era venuta a parlarmi la sera precedente. Voltò la testa quando entrai. Vidi che era finita anche per lei.

«Non venite vicino» disse. «Siete voi, Bill?»

«Sì» dissi.

«L'ho pensato che dovevate essere voi. Voi potete ancora camminare? Loro strisciano. Sono contenta, Bill. Gliel'ho detto che non ve ne sareste andato così, ma hanno detto che dovevate. Ora loro se ne sono andati tutti, tutti quelli che potevano.»

«Dormivo» dissi. «Che cosa è successo?»

«Ci siamo ammalati in tanti. Gli altri si sono spaventati.»

Dissi: «Che cosa posso fare per voi? C'è qualcosa che...» Sapevo bene di non poter fare nulla.

Il suo viso si contrasse. Poi lo spasimo passò, lasciando la ragazza con la fronte madida di sudore.

«Per favore, Bill. Non sono molto coraggiosa, io. Potreste darmi qualcosa per... per finirla?»

«Sì» dissi. «Posso darvelo.»

In dieci minuti ritornai dalla farmacia. Le diedi un bicchiere di acqua e le misi nell'altra mano ciò che mi aveva chiesto.

«Che tristezza» esclamò la ragazza. «E pensare che avrebbe potuto essere tutto così diverso! Addio, Bill, e grazie per aver tentato.»

La guardai.

C'era una cosa che rendeva la situazione più triste: mi chiedevo quante avrebbero detto: "Prendetemi con voi" mentre lei aveva detto: "Restate con noi".

E non seppi mai neppure il suo nome.



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